Kipngeno come un rullo compressore mantiene tutte le promesse dalla vigilia, sorprendente prestazione della statunitense che torna sul tetto del mondo battendo le grandissime della specialità. C’è il giallo sulla squadra ugandese, non partiti per ragioni ancora da accertare.

L’avevamo presentato come un tracciato da non banalizzare, una salita che non era assolutamente corribile ma che al tempo stesso non era catalogabile dentro i canoni tecnici del vertical.

I fatti e lo svolgimento delle gare hanno quasi in toto confermato le previsioni tecniche della vigilia regalandoci due gare brutali, dense di talenti, nomi, storie e significati. Due gare che dimostrano una volta ancora come il mountain classic sia una ineguagliabile spremuta di intensità ed atletismo, la velocità declinata alla durezza degli ostacoli naturali, in cui per vincere non devi morire dopo il tuo avversario, ma andare più forte, “period”.

Allie is back

Bronzo mondiale nel 2014, era l’only up di Casette di Massa, lo stesso anno si laureava un mese prima campione del mondo long distance alla Pikes Peak Ascent. Allie McLaughlin from Colorado Springs, classe 1990, uno scricciolo dal cuore enorme e dal talento infinito. L’atleta statunitense sembrava persa negli ultimi anni, e pareva aver smarrito la presa che gli aveva garantito risultati tanto eclatanti. Alle prese con problemi fisici che non le lasciavano tregue è tornata in maniera dirompente nelle ultime due stagioni, concludendo questa mattina un percorso di rinascita che è passato anche per le ottime prestazioni ammirate solo una settimana or sono nelle finali del circuito Golden Trail a Madeira, dove è stata l’unica a sapersi opporre in qualche modo a Ninke Brinkmann. La gara mondiale di Chiang Mai ha visto l’americana subito nel vivo dell’azione, non indugiare e prendersi ben presto il controllo delle operazioni. Gara partita fortissimo con la rumena Madalina Florea che cercava di rimanere attaccata alla testa della corsa con le attese Mathys e Mayr più attendiste. Arriva ben presto la doccia fredda per Joyce Njeru, una distorsione alla caviglia imponeva alla vincitrice della coppa del mondo di chiamarsi fuori e tirare i remi in barca in vista dell’up&down (da valutare).

(credit M.Gulberti)

Svolta decisiva a ¾ di gara quando la faccenda si è fatta dura per davvero. La McLaughlin si presenta ai km finali piuttosto provata e l’impressione è che solo 500 metri in più avrebbero potuto risultarle fatali. Da dietro rinviene alla grande Andrea Mayr, che nella sterrata finale rifila una sgasata memorabile a Maude Mathys e recupera in un amen oltre 35” a McLaughlin.

(credit M.Gulberti)

Quello delle tre medagliate è stato uno sport diverso da tutte le altre oggi, lo testimoniano i distacchi che vedono chiuse in 45” le prime 3 e poi 1’44” tra il bronzo di Mathys e il legno di una pur ottima Florea.
Da qui in poi ecco il racconto bello ed appassionante delle mille storie che stanno nella fatica di questa atlete: il 5° posto dell’iberica Onditz Iturbe Arginzoniz non lo attendeva proprio nessuno, da applausi pure il 6° di Susanna Saapunki cosi come il 7° di Elisa Sortini, in sofferenza dal primissimo metro la valtellinese ha regalato una prestazione che ci terremo stretti nello scrigno dei ricordi, una smorfia di dolore che cela il carattere unico e la grinta infinita di una vera combattente.

Elisa riesce a fare qualche scalpo importante: la Dewalle è li alle sue spalle, 8^, poi la ceka Hrochova e la tedesca Groeber a separarla da un’altra favorita delusa, la scozzese Scout Adkin, solo 11^ ad aprire un girone di vittime illustri come Gregory (12^), Wyder (13^) e Roche (15^).

L’Italia deve fare subito a meno di Scaini, costretta al ritiro dopo pochi km per problemi fisici.

Un’Italia che allora soffre ma non molla, come detto, con Sortini e risale lentamente nella seconda parte con Giudici (partita molto bene) e soprattutto Belotti, che riemerge poco alla volta nel finale. Chiudono rispettivamente 21esima e 23esima.

(credit M.Gulberti)

A squadre trionfano gli USA davanti a Gran Bretagna e Svizzera, ed è più di una sorpresa se consideriamo il valore sulla carta delle elvetiche, date da tutti come certe trionfatrici. Una classifica finale quella per nazioni che aumenta l’amaro nella bocca delle italiane, quinto posto dietro anche alla Francia, ma se si analizzano i piazzamenti utili a USA e GBR per le loro medaglie davvero bastavano due/tre posizioni più in alto per Giudici e Belotti per poter festeggiare qualcosa.

Le parole delle azzurre

Patrick clean sheet, Italia campione, giallo Uganda

Nel 2022 ha “sbagliato” solo Zinal (2° posto finale), una stagione ai limiti della perfezione conclusa con lo storico alloro mondiale per il Kenya maschile, nell’anno e nel momento più difficile per le note vicende di qualche connazionale. Patrick Kipngeno e Phil Kiriago, il Kenya che si è calato nella montagna con umiltà ma anche con approccio trasparente, serio e professionale.

Chiaramente prima di parlare della gara è bene soffermarci sul tema Uganda. La delegazione africana, infarcita di team managers, ha portato i tre atleti inseriti in start list all’arrivo (!!), di fatto rendendo impossibile che fossero presenti alla chiama per lo start. Azione voluta ? errore umano ? vedremo, di certo si è corso con qualche spazio in più, ed a quel punto serviva farsi trovare pronti.

(credit M.Gulberti)

Sull’esito finale a livello individuale francamente abbiamo pochi dubbi, Patrick Kipngeno ha rimesso in piedi lo show cui ci ha abituato in stagione: relativamente prudente nelle primissime battute, con l’esplosivo luogotenente Phil Kiriago che si occupa di fare la prima selezione e scavare il gap, poi sale in cattedra e tanti saluti. Gli Italiani sono tra i più pronti a mantenersi nel vivo dell’azione, Chevrier e Maestri si difendono egregiamente ed è nelle sezioni “da vertical” di metà percorso che la resistenza e la difesa dei nostri assume contorni eroici, apparecchiando la tavola per un finale molto buono di ambedue. Dietro al dio Kenyano e davanti ai nostri migliori atleti hanno fatto la loro gara lo svizzero Joey Hadorn, l’irlandese Zak Hanna e l’americano Joe Gray, anche se l’uomo del giorno è di certo lo spagnolo Alejandro Garcia Carrillo, pilotato nel vivo dell’azione dal capitano Oriol Cardona, che poi ha pagato lo sforzo ed è stato costretto a cedere.

Gioia Carrillo (credit M.Gulberti)

Al pari della connazionale Arginzoniz anche Carrillo ha sorpreso addetti ai lavori e tecnici della propria nazionale, che certo non li attendevano a questo livello su un palcoscenico del genere.

Top Ten che annovera un redivivo Marek Chrashina (occhio al ceko nell’up&down) e la sorpresa Alexandre Ricard (Canada), mentre finiscono dietro rispetto alle attese sia Johan Bugge che Jacob Adkin

Campioni del Mondo

(credit M.Gulberti)

In chiave classifica per nazioni la solidità dei nostri ragazzi è premiata, detto della gara magistrale delle due punte di diamante, va rimarcato il monumentale sacrificio di Andrea Rostan, il giovane piemontese estrae il massimo possibile dalla gara di oggi, non indietreggia dinanzi alla tensione ed anzi sa rilanciare un paio di volte l’azione nei tratti a lui congeniali.

C’è la firma a fuoco di “Rosty” su questo storico oro. Giornata buia e purtroppo storta per Henri Aymonod, al netto dell’infortunio alla caviglia che gli ha certamente tolto sicurezza ed impedito un corretto ambientamento sul tracciato, l’hombre vertical parte fortissimo e con grande coraggio ma non riesce mai ad entrare con fiducia nel vivo dell’azione e ben presto deve pensare a limitare i danni, il 28esimo posto finale non rispecchia il valore reale di Aymo, che merita in tutto e per tutto il titolo iridato a squadre ottenuto insieme ai propri compagni.

Argento per la Svizzera, che per assurdo da ignorata alla vigilia alla fine fa meglio delle colleghe donne, bronzo per la Spagna, perché il 13° di Miquel Cobrera non è all’altezza delle attese ma fa sostanza, perché il bronzo sorprendente di Carrillo pesa tantissimo e perché pur cedendo nel finale il buon Oriol Cardona non sbraca del tutto, quel 21esimo posto basta e avanza per avere la meglio sugli USA e sulla vera delusione: la Gran Bretagna

L’intervista agli azzurri campioni del mondo uphill 2022

 

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WMTRC 2022 Chiang Mai - Classic Uphill Race