Puntata 3/18 del nostro Coach/Talks: nel bel mezzo di una stagione che pensavamo non arrivasse più e che poi improvvisamente ci ha investito con una overdose di gare, emozioni, medaglie ma anche frenesia, problemi, infortuni e perché no qualche polemica. Focalizzare… non solo gli obiettivi, ma anche la realtà ed il contesto delle cose, rimanendo umani, rimanendo persone prima che atleti… bel pezzo del Tito, godetevelo e “cogitate”…
Una storia di alberi – di Tito Tiberti
Sono uno che inizia qualcosa tutte le volte che ha un’intuizione. Sono anche uno che spesso non finisce quel che comincia: do sempre una chance ai lampi che mi passano per la testa, lavoro sui possibili sviluppi di alcune idee, ma se non ingranano subito con marcia spedita e spontaneità le metto da parte. Non le abbandono; le tengo da parte per il momento giusto (se arriverà). Lo faccio anche con i libri: ne ho iniziati molti e non li ho terminati, sia in lettura sia in scrittura.
Una delle lampadine che mi si accesero in testa anni fa era una sorta di “Vite Parallele” del bosco: racconto realistico e onirico a capitoli alterni, una robaccia che temo avrebbe prodotto un romanzo psichedelico postadolescenziale, però l’incipit mi pareva buono. Un paragrafetto recitava: “E. (nome del protagonista, ndr) dimora in un bosco: il bosco della corsa degli scoiattoli, la passerella delle volpi dalla coda folta e fulva, il nascondiglio dei porcospini timidi e appallottolabili, il reticolo dei rami dei cardellini dall’ugola canora, il rema intricato di foglie dei bruchi grassottelli…”.
La rugiada del mattino investita dal sole tra gli alberi regala uno scintillare di stelle alla luce del giorno: una notte romantica senza oscurità.
La natura è madre buona e maestra severa: accoglie le sue creature e chiede loro rispetto. Un bosco, per esempio, è una casa natale: radici, alberi, foglie, fiori e frutti. Un bosco è un rifugio, un luogo di passaggio ma anche una fortezza. É un luogo di ritorno reale e metaforico. Un bosco è un abbraccio e una carezza, un bagno di foglie e odori e profumi e canti e suoni e crepitii e scricchiolii. E voci, e passi. É un concerto di minuscole infinite zampette di formica, unghioli di porcospino, piedoni di orso e scarpotte incrostate di terra e sudore…
Sono storie di cammini e di attraversamenti, sono storie di carattere e di rapporti di forza: l’orso che si gratta la schiena su un tronco, il leprotto che scatta rapido di nascondiglio in nascondiglio, il rapace appollaiato, il porcospino (ancora lui!) guardingo che naso all’aria passeggia tra foglie secche e vegetazione più tenera, l’uomo che traccia il sentiero e l’uomo che asfalta la strada.
In un bosco si sta, si cammina e si corre. Si guarda e si sente. Si tace, anche. Si dialoga con la natura anche quando si scappa veloci — magari con un pettorale attaccato e il respiro affannoso — in una sorta di fuga da qualcosa o verso qualcosa. Un bosco, un sentiero, una radura erbosa, un pascolo, un’intera montagna, un viottolo di campagna o le dune di una spiaggia sono un racconto che comincia, un racconto di comunione con gli elementi e di rispetto dell’ambiente, una prima lezione nella scuola della natura che ognuno può cominciare…
Coerentemente con le premesse, questo è un racconto senza fine. Ma finché la mia penna scorre è una storia di alberi e radici, un invito alla conoscenza e alla tutela, alla prudenza e a non avere fretta perché, anche quando andiamo di corsa (in senso agonistico e non di stress cittadino), esercitiamo la pazienza del fondista.
Scrivere una storia bella e pulita sta a come scegliete di vivere il bosco e di percorrere il “single-track” del porcospino, a come vi incontrate o vi scontrate con la madre.
Buona passeggiata…
Tito