Your day will come
di @fra_puppinho
Kamnik 2017 è stato più volte definito il giorno di Xavier.
Era l’8 luglio di quest’anno, speciale sia per me che scrivo che per il mio amico e compagno fuoriclasse Chevrier.
Lui vince gli europei di corsa in montagna, io arrivo terzo nella stessa gara. Lui a settembre si sposa, io a novembre mi laureo in fisica.
Vorrei condensare in poche parole e immagini ciò che per me è stata una esperienza esplorativa, coraggiosa e pura fin dai primi passi.
Si potrebbe iniziare dal 28 giugno 2017: mancano 10 giorni agli europei; con Xavier, Alex (Baldaccini) e Paolo (Germanetto) partiamo presto da Fiera di Primiero, sede del raduno della nazionale, alla volta di Kamnik (SLO).
Proviamo il percorso apprezzandone la varietà di pendenze e superfici, fuggendo dal temporale che non manca sorprenderci sull’altopiano di Velika Planina e che ci costringe a un finale in progressione, in cerca di un riparo.
700km down-and-back con la Qubo griffata corsainmontagna, “qui c’è da correre”, “qui camminerò come un bastardo”, il pit-stop in “Spageteria da Mattia”: queste sono le memorie che rimarranno impresse nella mente.
Avendo già ispezionato il percorso, il giorno precedente la gara possiamo prendercela comoda, uscire tardi la mattina per una rilassante corsetta e per assorbire energie dalla foresta slovena. C’è spazio per riflessioni e pensieri che non sempre una vigilia tanto importante permette. C’è spazio per stare soli, noi quattro senior, nel viaggio in auto verso la partenza.
La gara è decontratta, accorta come sempre. La chiave è essere al posto giusto nel momento adatto; non fare più di quanto il corpo percepisce come possibile.
Già nella prova di coppa del mondo di Arco, poche settimane prima, Xavi aveva estratto dal cilindro un numero da overtime di gara sette. La precarietà delle condizioni fisiche non condiziona la classe.
Ci si attendevano i fuochi d’artificio del turco Karagoz e del forte norvegese Aarvik, la prova audace di Johan Bugge; le vecchie guardie Rancon, Krupicka, Zago e Meyssat ad attendere il momento giusto, mentre Xavi studiava gli avversari poco avanti a me, insieme a Andrew Douglass e Jan Janu the future. La potenza dirompente si sprigiona nei 4km finali, “andiamo a prenderci questi Europei Xavi!”.
Non ho visto il suo l’arrivo 44” prima di me, gli attimi che vorresti non finissero mai ma che quasi con freddezza consumi tagliando il traguardo nel minor tempo possibile.
Crollo a terra e spiro tre giorni di vita dopo aver perso la volata per il secondo posto dal portoghese Luis Saraiva. Ma per fortuna c’è Xavi a salvarmi.
Le sue parole ai microfoni rivelano una profondità non comune. “Come disse Gelindo Bordin quando vinse le Olimpiadi, lui non era il maratoneta più forte del mondo ma lo è stato in quel particolare giorno: oggi io sono stato il più forte d’Europa, se la rifacciamo domani cambia tutto…”
Mi copro leggermente il volto con le mani per nascondere l’emozione, Alex e Cesare (Maestri) si stringono attorno a noi. Siamo secondi dietro la Francia.
I gemelli ci prenderanno per i fondelli per un po’ di tempo per non essere campioni d’Europa una volta tanto che mancano loro! Si, è successo anche questo.
Nel nostro sport, magari povero agli occhi di tanti, facciamo delle emozioni la più grande ricchezza. La medaglia che brilla di più è la sua: del fenicottero ali spiegate e gambe secche che ha avuto il coraggio di volare più in alto degli altri.
Your day has come.
Grazie, Xavi.
Francesco Puppi
@fra_puppinho