27 dicembre 2016 – Martedì 27 dicembre, oggi, è l’ultimo atto per lo sci di fondo a Feltre (Bl), con i campionati italiani sprint; venerdì 30 toccherà, invece, allo sci alpino, con lo slalom tricolore a Vigo di Fassa. Dal giorno dopo finirà, definitivamente, la storia sportiva, gloriosa e fulgida, scritta dal Corpo Forestale dello Stato. Una storia iniziata intorno agli anni 50 per volontà di alcuni forestali sciatori, che si cimentarono sulle piste di fondo, confrontandosi con avversari di altri Corpi, riportando successi in campo nazionale.
Quindi, la sezione dello “sci nordico” venne costituita nel 1955 e fu una delle colonne sulle quali poggiare il neonato “Centro Sportivo Corpo Forestale dello Stato”, alla quale, presto, si aggiunse anche la sezione della corsa in montagna che, fino ad oggi, ha rappresentato uno dei riferimenti nazionali più certi per il settore, garantendo – oltre ai risultati – sponda efficace per molti atleti che hanno così potuto svolgere attività sportiva agonistica di vertice. Dal 1° gennaio – per un decreto, sui cui contenuti ed efficacia le polemiche sono state aspre e dense – viene così cancellata una storia lunga 61 anni. La corsa in montagna perde, dunque, un riferimento certo ed un orgoglio preciso e nobile. Gli atleti forestali che hanno nobilitato questa disciplina sono stati – dagli anni ’70 in poi – eccellenze agonistiche che il mondo ha invidiato all’Italia. E l’Italia, spesso, questo patrimonio lo ha valorizzato assai poco. Perché ora è facile andare indietro con la memoria e ricordare quegli atleti che hanno contribuito a fare, non solo la storia, ma pure l’innovazione della disciplina. I titoli italiani, europei e mondiali conquistati dai ragazzi di Cittaducale rimangono scolpiti nel granito e non può esserci alcun decreto o legge che possa cancellarli. La staffetta “Raimondo Balicco – Giovanni Mostacchetti – Mario Varesco”, il “trio meraviglia”, rimane certamente quella più amata, leggendaria, autorevole e vincente che la corsa in montagna italiana abbia mai conosciuto. In un’epoca – anni Settanta, soprattutto – dove le formazioni civili erano numerose, forti e qualificate assai. E la Forestale “pescava” anche dal serbatoio dello sci nordico: i fondisti Mario Bacher, Lino Doriguzzi, Demetrio Rela, Pietro Eder, Maurizio Parenti, Liviano De Bernardin, Oswald Puntel, il biathleta Lino Jordan, per ricordarne alcuni, sono stati anche loro protagonisti della disciplina. Poi le imprese, più giovani, scritte da un certo Marco De Gasperi, che di Mondiali ne ha vinti più di tutti, come pure quelle di campioni che si chiamano Luigino Bortoluzzi, Giambattista Scanzi, Lucio Fregona, Maurizio Simonetti, Claudio Galeazzi, Davide Milesi, Emanuele Manzi, Battista Lizzoli, che il Mondiale ha caratterizzato eccome la propria carriera. Come pure quella di Nives Curti, Maria Grazia Roberti, Rosita Rota Gelpi e Renate Rungger, insieme ad altra donna proveniente dallo sci di fondo, Antonella Confortola. Poi esemplari “uomini-squadra” come i fratelli Andrea e Marco Agostini, come Toni Baldassar, Felice Nelli; i giovani Simone Lenzi, Dario Fracassi, Alberto Mosca, Paolo Germanetto e Marco Rinaldi; esperienze veloci come quella di Matilde Ravizza. E 1000 altre storie. Se ne va, dunque, in silenzio una fetta di storia eroica e nobile dello sport italiano, dell’atletica in particolare. Una realtà che, poi, ha permesso anche di poter trasferire l’esperienza agonistica maturata da alcuni campioni al servizio della crescita nazionale ed internazionale, non solo tecnica. Alla mezzanotte del 31 dicembre ci sarà, quindi, poco da brindare e molto da riflettere. Testo: Giovanni VielHome page » L’addio alla Forestale: si chiude un’era…
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