Rischiava di diventare il mondiale di legno, complice qualche 4° posto di troppo, finisce diritto nella storia come il mondiale della “Medaglia di Berny”. La rassegna iridata 2015 andata in scena sulle colline selvagge di Betws Y Coed consegna agli almanacchi l’agognato metallo prezioso che il nostro capitano inseguiva con determinazione dal 2008, ma soprattutto riporta sul trono mondiale una squadra, quella azzurra, che per la prima volta dopo tanti anni è anche gruppo vero. Plasmata con cura e pazienza dallo staff guidato da Paolo Germanetto e Fabrizio Anselmo, il “sei” azzurro ha mostrato attributi e duttilità, maturità e capacità di giocarsela contro tutti e su qualsiasi tracciato, campioni d’Europa a luglio con la perla di bronzo di Alex Baldaccini, Campioni del Mondo oggi, con l’argento di Bernard, 3 atleti nei primi 7, la totalità della squadra senior M nei primi 20 al mondo. Questa doverosamente la prima cartolina da Betws, per un racconto post-mondiale che però ha in serbo anche molto altro….
Capitan Futuro, finalmente! subito dopo la gara, quando è stato possibile avvicinarlo per scambiare le primissime impressioni a caldo, abbiamo assistito ad una rapidissima intesa tra Berny e Paolo Germanetto: ad entrambi è venuto il piccolo dubbio che forse quella partenza fosse stata addirittura troppo azzardata, sebbene anche un poco figlia dell’adrenalina che c’era in corpo…riordinando le idee qualche ora più tardi è apparso invece chiaro che probabilmente è stato uno degli elementi che ha fatto saltare il banco. Non sapremo mai che tattica avessero impostato gli ugandesi, di sicuro Bernard Dematteis li ha stanati da subito ed ha impedito loro di fare gara in parata come nel 2013 in Polonia ed in parte nel 2014 a Casette di Massa. Il nostro capitano aveva in ogni caso condizione forse buona come non mai, con discesa un poco più tecnica chissà come sarebbe andata, ma quello del percorso non è e non vuole assolutamente divenire un alibi, anzi è elemento di grandissimo orgoglio per tutti i tifosi italiani: i nostri atleti hanno saputo primeggiare e tenere testa egregiamente in tutte le categorie contro squadroni e tradizioni tecniche che su questo tipo di tracciati hanno costruito la propria storia. Poco sotto a Bernard ed al suo argento ecco un Martin stellare, perché dire altro d’altronde, il ragazzo ha affrontato la stagione più difficile della sua vita, messo a dura prova dalla nota tragedia umana che lo ha colpito. Qui la forza del gruppo nei mesi scorsi è stata fondamentale, il resto ce lo ha messo lui, impegnandosi a fondo per tornare quanto più vicino ai propri livelli, che il mondiale ha confermato essere assoluti. Il 4° posto è in linea col talento e col cuore, non con l’attuale stato di forma, e per questo vien da dire che sia stato piazzamento frutto di un mezzo capolavoro tattico, con un primo giro a fare da “tappo” al gemello involatosi all’attacco, per poi andarsi a giocare la medaglia nel finale contro Robbie Simpson, una manciata di secondi lo hanno condannato a stare ai piedi del podio, ma signori: chapeau per Martin! Xavi-Alex-Luca e… Rambo: per il “Valdotain” Chevrier è stata la stagione della definitiva consacrazione oltre che del ritorno, con la testa prima che con le gambe, dentro un ottica di atleta a tempo pieno. Esce da Betws Y Coed con un 7° posto tutto concretezza, un tassello decisivo per l’Oro, e tutti i segnali di questo mondo che lo debbono incoraggiare a dare ancora quel quid in più che è nelle sue corde e che lo proietterebbe davvero lassù in alto. Su Alex Baldaccini il giudizio è ugualmente positivo: Lui c’è comunque sempre e un bronzo europeo vale la stagione. La gara in Galles al contrario di quella portoghese di Luglio è stata un elastico: primo giro all’attacco, seconda tornata di sofferenza, ma due attributi cosi e la forza di riguadagnare quelle 3, 4 posizioni al termine che hanno di fatto scolpito il nome dell’Italia sul retro delle medaglie d’oro. Per Luca Cagnati un bravo convinto per come ha saputo risorgere dopo i problemi incontrati ai campionati lunghe distanze di Malonno in luglio quando la stagione poteva davvero chiudersi anzitempo, la fiducia che lo staff tecnico ha saputo trasmettergli anche nei momenti più difficili ed al tempo stesso la grande spinta emotiva a non adagiarsi su una maglia azzurra comunque non scontata, vista la concorrenza, hanno tirato fuori il meglio dal Bellunese che sul fango Gallese ha portato a casa la gara che serviva, subito a ridosso dei “fab four”, trasmettendo alla squadra la giusta grinta ed il necessario equilibrio. Ed infine “Rambo” Rambaldini: lo avevamo presentato con la metafora della “classe operaia in Paradiso”, vero, ma soprattutto straordinaria stagione la sua e la conferma che il movimento maschile ha in questo momento la capacità di fornire alcuni elementi interscambiabili capaci di completare la squadra, al netto di percorsi e infortuni (vedi Francesco Puppi, e vedi Tommaso Vaccina soprattutto). Oro a squadre: mancava dal 2011, da Tirana quando l’Uganda era morta strada facendo e Martin Dematteis si era issato fino al bronzo alle spalle di due mostri come Max King e Ahmet Arslan (mentre il crollo dell’ugandese Ayeko nel finale albanese rimane uno dei grandi misteri dei tempi moderni). Dopo essere stati presi letteralmente a pallate dagli Ugandesi nel 2013 e nel 2014, qui li abbiamo battuti sul campo, contro atleti che in Italia dominano su strada e che arrivano nei 10 ai Mondiali di cross (vedi il neo world champion Musobo). Sulla medaglia individuale abbiamo già segnalato: mancava da quel bronzo di Martin nel 2011 e prima ancora, e non è davvero un caso, dall’oro di un certo Marco De Gasperi, correva l’anno 2007. Le Altre Nazioni: è evidente che Gran Bretagna e Usa hanno preparato al meglio questo obbiettivo: Simpson ha mantenuto le attese, certo quel “possiamo battere l’Italia” rilasciato ai taccuini alla vigilia gli è andato di traverso, ma lo scozzese ha fatto un grande mondiale, lo stesso alla fine si può tranquillamente dire di un Joe Gray mai così convincente in questa stagione, nel giorno per lui forse più duro. GB and USA al top dunque, ancor più la prima, che con Sarah Rowell si è data un’organizzazione e obbiettivi simili ai nostri. Si può discutere del percorso, di alcune scelte relative al packaging mediatico, ma l’apparato organizzativo britannico non ha mostrato falle, le gare sono state ben orchestrate e gestite, i servizi garantiti, il livello generale davvero buono, ed il Team UK in questo ha onorato alla grande il proprio evento. Tornando al bilancio tecnico-agonistico va ricordato certo che mancava l’Eritrea, ma Petro Mamu a parte faticano comunque ad organizzarsi in questo momento. Uganda, Italia, GB e USA hanno fatto la parte del leone. Il resto fatica moltissimo, anche Nazioni organizzate come la Francia o la Russia sono rimaste lontano dalle posizioni importanti, mentre altre come la Turchia faticano a mettere insieme una squadra seniores completa perché non competitivi: i loro successi giovanili probabilmente vanno letti anche in questa dimensione. Tra i seniores uomini, bene invece il Messico, che di solito produceva solo individualità e che invece ha mandato all’attacco da subito un paio dei suoi, rimanendo protagonista anche quando il livello nel 3° giro davanti era davvero siderale. Delusioni: forse Andy Wacker (USA, 13°), forse Juan Carlos Carrera (MEX, 15°), comunque gente che non ha finalizzato a dovere l’appuntamento. La Jungfrau Marathon la settimana prima di un mondiale in cui l’intensità è immediata ed altissima dal primo metro non è probabilmente la miglior cosa…Delusa poi lei, la britannica Sarah Tunstall, che aveva stravinto i trials di qualificazione e che abbiamo visto piangere per questo quarto posto consolata dalla Clayton, anche lei eterna piazzata: nel 2013 la giornata del secolo di Alice Gaggi, poi la nemesi Mayr, quest’anno sembrava tutto apparecchiato ma Stella Chesang e la Emmie Collinge che non ti aspetti hanno fatto saltare il banco. Grande squadra in ogni caso la Gran Bretagna Senior Women: ad alto livello da anni, hanno dominato e trionfato con merito. Stelline (le categorie Junior): lo è la Allie Ostrander (USA, Champion JF), che ha solo 16 anni e che vive e si allena in altura. Ci ha impressionato più lei che non i giovani turchi o il suo già ben strutturato connazionale Levi Thomet (USA, 2° JM) che corre forte anche in pista o nel cross. Le nostre Senior Donne: bravissima Alice Gaggi, la miglior gara della stagione nel momento più importante, il 5° posto è da leggere davvero in ottica del tutto positiva, perché preso dietro ad una scatenata Chesang ed alla marea Britannica che giocava in casa. Il suo 2015, sinora, non l’aveva soddisfatta appieno: la svolta sui sentieri gallesi, laddove la valtellinese ritorna tra le primissime dopo l’incredibile successo del 2013. Brava Samantha Galassi, anche su percorso a lei non così congeniale, la toscanaccia non trema davvero dinanzi a nulla e rende orgogliosi per quanta abnegazione e sacrificio metta ogni qual volta veste la maglia azzurra. Ivana Iozzia ha faticato un po’ ad ingranare confermando come anche una certificata esperienza ad altissimo livello su strada vadano completate con una specializzazione sulla montagna che è lungo e difficoltoso affinare, la sua rabbia nel post-race è da leggere in maniera costruttiva: un’atleta di grande livello come lei non vuole e non può accontentarsi mai, mentre Sara Bottarelli ha fatto un altro piccolo passo verso la maturità, gestendo le emozioni e dimostrando di poterci stare a questo livello. Qui come detto team UK davvero stellare, ed Uganda, Chesang a parte, nella mischia pur con donne che in Italia dominano su strada, pista e cross. USA compatta come forse non succedeva dal Tonale 2012. I nostri Juniores: storico comunque il quarto posto delle ragazze, a pari merito con il bronzo. Il Podio a squadre qui manca dal 2001, ed erano secoli che una juniores non entrava nelle dieci: bravissima dunque Roberta Ciappini che ha messo in mostra nuovamente i numeri e le caratteristiche che secondo molti addetti ai lavori le potrebbero permettere di emergere anche tra le seniores. Grintosissima la Zanne, trovatasi improvvisamente secondo violino nel bel mezzo del bailamme quando una sfortunata Alessia Zecca rimaneva vittima di un infortunio alla caviglia destra, sarebbe bastata davvero una posizione più in alto di una delle tre per trovarci qui oggi a celebrare uno storico bronzo, ma a queste ragazze va fatto un appaluso convinto… Tra i maschi: il solandro di Vermiglio Davide Magnini si conferma cavallo di razza, ma con lui anche Alberto Vender che le sue gare migliori sinora le ha fatte ad Europei (Gap e Madeira) ed ai Mondiali, confermando di non fallire mai i grandi appuntamenti. Luca Cantoni e Luca Ventura hanno fatto ciò che potevano in questo momento, lasciando sul campo tutto, e dunque va bene così. Delirio Social: Ci siamo mossi come sempre con il massimo dell’entusiasmo per raccontarvi al meglio il mondiale 2015. Ben 5 postazioni sul percorso lanciavano tweets alla postazione fissa in Italia, abbiamo raccolto le interviste a caldo dei protagonisti rendendole disponibili già dalla serata (ed in coda a questo pezzo avrete quella col CT Paolo Germanetto), abbiamo realizzato oltre 1500 immagini che gradualmente condivideremo con i nostri utenti, infine due righe sui numeri dei post del re dei social Facebook: sia i nostri come www.corsainmontagna.it che quelli della pagina di Fidal ad esempio, mentre eventi griffatissimi stazionano tra i 50 ed i 100 “mi piace”, la copertura totale dei post dedicati al mondiale ha sfondato i 200’000 utenti raggiunti….potenza di un Oro Azzurro, magia della CORSA IN MONTAGNA. DI ALESSANDRO SCOLARI Foto Credit: Skola, Giorgio Buzzi, Giovanni Tacchini Qui l’intervista realizzata nel dopo gara con Paolo Germanetto, Delegato Responsabile della squadra nazionale di Corsa in Montagna:Home page » #WMRCWales, tra bilanci e cartoline: Il Legno del Galles, trasformato in oro da Re Mida Bernard…
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