Sette anni dopo Keswick, la Coppa del mondo ritorna “oltre Manica”, in Scozia. Edimburgo mette, con orgoglio, a disposizione della causa della corsa in montagna internazionale il suo fascino, il suo prestigio, la sua tradizione nobile. E apre i suoi scrigni d’arte e storia e pure i tesori ambientali, come l’Holyrood Park, il parco reale in pieno centro (che qualche anno fa ha pure ospitato il Mondiale di cross) caratterizzato da una catena di colline, sorgenti e laghetti, giacimenti di basalto e con le Falesie di Salisbury: un’area dominata dal palazzo reale Holyroodhouse che è un’oasi o, semplicemente, un paradiso terrestre. Colline e falesie da salire e scendere più volte, un inno allo spettacolo puro, alla valenza profonda della corsa in montagna che dimostra come, invece, quei percorsi invisi anche a stambecchi e camosci, e che finiscono lassù, ad un passo da cielo e… nulla più, rimangono un’altra dimensione, quasi antitetica. Ma quella di Edimburgo non era corsa in montagna vera… Beh, provate a ripetere più volte quelle salite secche e quelle discese non semplici! Nei prati e lungo il percorso c’è gente ovunque, famiglie che abbinano il tifo agli idoli di casa al rito del pic nic domenicale… E poi lo spettacolo dei tifosi locali, apparsi in kilt e con le cornamuse, a scandire una colonna sonora unica e irripetibile… La Scozia ci teneva a fare bella figura in casa e, infatti, puntava forte sui talenti locali, Tommy Murray su tutti e per tutti. Ma quella schierata dal coach Raimondo Balicco è un’Italia forte forte e, infatti, ne piazza cinque tra i primi sei classificati… Con il bravo Murray unico intruso… d’argento. Edimburgo è stata l’apoteosi della carriera di Lucio Fregona, che ha stravinto il Mondiale, traguardo a lungo inseguito, con una condotta di gara sempre in attacco e dove le colline scozzesi gli sembravo i cari colli asolani sui quali ha costruito una carriera esemplare. Quando, alla fine della rincorsa, ha imboccato la Queen’s Drive, la strada centrale del parco che portava al traguardo, ha avuto il tempo di rivedere il film bello della sua carriera e storia sportiva.

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Lucio Fregona….icona della corsa in montagna anni ’90

  Poi, dopo Murray, ecco Marco Toini, Antonio Molinari, Andrea Agostini e Roberto Barbi. Solo il camoscio carnico, Ginetto Caneva, 16., ha dimostrato di non gradire quei saliscendi, più abituato alle dritte vie delle sue Dolomiti. La gara donne è stata una sfida tra regine vere, dove quella austriaca, Gudrun Pflueger, centra l’oro, di misura, sulla transalpina Isabelle Guillot e il grandissimo scricciolo ossolano, Nives Curti. Poi Mirella Cabodi e Maria Grazia Roberti difendono l’argento italiano a squadre; più lontana la vicentina Valeria Colpo. Gara juniores andata al fondista bergamasco Maurizio Bonetti. Il talento (mai del tutto sbocciato) si è lasciato alle spalle l’inglese Moorehouse ed il ceco Brusak. Poi la nidiata di futuri campioni: Emanuele Manzi e Marco De Gasperi e, con loro, la meteora molisana Marco De Nigris talento, purtroppo, mai fiorito completamente. Schermata 2015-09-16 alle 13.24.00 Un Mondiale bello, unico, affascinante. E basterebbe poco per ripetere quell’esperienza, che è stata un balsamo per tutto il movimento.