La maratona di NewYork della corsa in montagna non tradisce mai, regala l’eternità ai vincitori, non fa sconti, ma sa aspettare chi sa correre, e sa tornare….
Di Alessandro Scolari
Punto Tecnico cortesia di Paolo Germanetto
Foto di Alexis Courthoud
Deve la sua “nomea” e “fama” ad una tradizione ultra-quarantennale, ad un percorso con tratti di devastante bellezza, un grado di difficoltà degno di nota con i suoi 2000 metri e rotti di ascensione, ed un’organizzazione capillare e professionale. La “corsa dei cinque 4000”, la Sierre-Zinal, non ha deluso nemmeno quest’anno le aspettative dei tanti che per svariati motivi si sono trovati a portare la propria attenzione o magari loro stessi in carne ed ossa nella vallata d’Anniviers, sulle alture del canton Vallese.
L’edizione 42 della “gara che un corridore in montagna deve aver fatto almeno una volta nella sua vita”, come recita il pensiero regalato dal titolare del record Jonathan Wyatt alla home page del sito ufficiale, conferma per l’ennesima volta come la marcia in più a livello di impatto mediatico e sul grande pubblico esista grazie e soprattutto al fatto che qui si corra davvero in una delle culle mondiali della corsa in montagna. A pochi kilometri da Sierre si raggiunge Zermatt, sede della coppa del mondo WMRA del 1991, si raggiunge Ovronnaz, dove Marco De Gasperi appose il proprio 6° sigillo iridato nel 2007, si arriva a Crans Montana, dove nel 2008 Jono Wyatt diventò anche lui “esacampeon”. Siamo nell’ombelico del mountain running o poco ci manca e la conferma è possibile percepirla chiaramente stazionando nei pressi del portale di arrivo di Zinal per assistere alle emozioni, alla gioia a tratti incontenibile che le migliaia di finishers che riempiono la categoria “touristes” partiti da Sierre alle 5 di mattina esplodono nel momento in cui si meritano il diplomino rilasciato dal comitato organizzatore. In quelle urla, abbracci, braccia protese al cielo c’è tutto lo spirito che echeggia in queste vallate, per cui correre in montagna è davvero una cosa seria, che si tramanda di generazione in generazione, che è tradizione, valore, impegno, sfida, conquista personale. Fatto lo sfondo, la tela viene abilmente riempita ogni anno vergando pennellate mirate e di alto livello sotto-forma di Campioni, Elite ed Atleti che impreziosiscono lo spettacolo e con le loro gesta altro non fanno se non perpetuare il mito della grande corsa e premiare, conferendole un senso compiuto, la passione delle migliaia di tifosi/praticanti che si scannano per uno dei magici pettorali già dal primi minuti di apertura delle iscrizioni, solitamente il 1° gennaio di ogni anno. Quando nel lotto iniziale ci sono almeno 8/10 nomi che un addetto ai lavori deve assolutamente annotare tra gli osservati speciali per la possibile vittoria finale, e puntualmente altri 4/5 nomi emergono durante la gara tra quelli posizionati nell’interminabile “fascia due”, significa che il livello è completamente inedito, unico e non paragonabile ad alcuna gara del panorama montano, ad ogni livello, latitudine ed al netto di sigle di federazioni o nomenclature inglesi accattivanti che poi vogliono significare la stessa medesima cosa. Sierre-Zinal è, dati alla mano, il master dopo la laurea per chi del correre in montagna fa mestiere o impegno semi-professionale, è la vittoria che regala l’eternità nella disciplina, il giusto e naturale approdo per chi ha già vinto in ambito federale ed istituzionale, in aggiunta a rassegne continentali e mondiali è al momento una sorta di palliativo alla mancanza di poter ambire a vincere i metalli pregiati di olimpia. Tutto questo, è bene precisarlo, con alcuni distinguo tecnici. Quelli che, bontà loro, magari si permettono addirittura di portare qualche appunto al record della gara. Da queste parti sono passati tutti i migliori di sempre o almeno, tra questi, tutti quelli che non hanno avuto timore di mettere in gioco il proprio blasone su un campo difficile, che non fa sconti a nessuno, per distanza e per mix di caratteristiche tecniche. Nessuno sconto neppure per il recordman della gara, Jonathan Wyatt, che in giornata di gran caldo, nel 2003, corse un 2h29’12” che nel finale fu appesantito anche dalla poca propensione di Jono per le discese, allora forse ancor più di oggi. Perché i passaggi che il neozelandese quel giorno realizzò, prima a Chandolin (1h06’37”!), poi al Weisshorn, davvero rimangono qualcosa di straordinario e di difficilmente eguagliabile per chiunque verrà: questo davvero senza dubbio alcuno… Se c’è un campo di gara in cui Kilian palesa anche agli scettici, se mai ve ne fossero, la sua grandezza è forse proprio la Sierre-Zinal: il terreno non è da skyrunning, solo forse i tratti più tecnici della discesa paiono essere dalla sua. Eppure qui, quattro vittorie, soffrendo magari, ma stringendo i denti nei tratti più veloci e puntando sempre verso il traguardo, anche quando davanti a lui qualcuno, inevitabilmente, tentava la fuga. Ma Kilian, come il De Gasperi che spaziava dal corto al lungo, dal veloce al tecnico, al solito semplificano uno schema, uno scenario che continua invece, di anno in anno, a non fare sconti a nessuno. Nessuno sconto neppure al femminile, neppure quando a chiedere meno rigore sia una keniana già rodata per la montagna come l’argento iridato 2014 Lucy Wambui Murigi. Per 3/4 di gara il record della Pichrtova è nel mirino, poi sfuma nel finale: nessuno sconto, neppure questa volta. Nessuno sconto, mai, neppure per chi mal interpreta la tattica di gara. Quella che questa volta torna a punire l’arrembante statunitense Jo Gray, solitario al comando per oltre 1h30′ di gara, ma che invece premia come forse mai avresti detto il britannico Robbie Simpson, che da Chandolin al Weisshorn e poi ancora al traguardo corre più forte dello stesso Kilian. Anche queste sono le emozioni forti che regalano i 31 Km che separano Sierre da Zinal, lungo i quali il mix perfetto va cercato, costruito e trovato ogni volta in modo diverso. Fatte queste considerazioni prettamente tecniche, non vanno trascurate anche altre valutazioni, meramente più commerciali e legate al costume ed al contorno: in linea con l’evoluzione che la simbiosi mercato/sport ha compiuto in queste ultime decadi, un evento di portata mastodontica come La SZ non fa eccezione e con sempre maggiore incidenza e visibilità è chiaramente e comprensibilmente individuabile lo sforzo per nulla velato che i vari brand compiono per sottolineare la propria presenza a questo vernissage del mountain running. Ciò che per ora fa della kermesse Vallese un’eccezione è la percezione che “il campionato marche” in questo caso aiuti soprattutto il colore e lo spettacolo, senza alterare il tasso tecnico e la qualità dell’agone, qui ai massimi livelli, sempre genuinamente esasperata al risultato per cui le prime 50 posizioni della gara maschile e le prime 20 di quella femminile sono veramente garanzia di livello e spettacolo, viene da dire come non accade in nessuna delle altre “creature” sospinte con forza dai marchi, cui il solo “booster economico” pare non sufficiente a farne altre Zinal ne a ricrearne la stessa atmosfera. Va preparata, va vissuta, va sofferta e molte volte digerita con difficoltà quando si incappa nella giornata sbagliata, di certo va corsa la Sierre-Zinal, col suo essere gara e corsa vera, col suo carico di fascino e di storia, offre il palcoscenico più bello per coronare una carriera intera.Di Alessandro Scolari
Punto Tecnico cortesia di Paolo Germanetto
(coord. Squadra Nazionale Italiana Corsa in Montagna)
Foto di alexis Courthoud