Qui Zermatt – La copertina è tutta per lui, per Tommaso Vaccina, pavese, tesserato per la Cambiaso Risso Genova e di professione fisioterapista. Un volto normale lassù in cima, a trentacinque anni la consacrazione di chi la sua dimensione vera, da atleta di rango, ha cercato sulle lunghe distanze, su strada dapprima, per poi scoprire che per trovarla occorreva abbinarci anche un bel poco di salita. Uno stile di corsa magari non bellissimo a vedersi, ma straordinariamente economico, esteticamente diverso, ma nella sostanza non dissimile da quanto al femminile continua a mettere in mostra la dominatrice della scena, Andrea Mayr. Un movimento di gambe e di braccia fatto apposta per centellinare le risorse là dove vanno gestite con grande acume: in maratona e in salita. Che la Zermatt Marathon fosse la gara adatta per esaltare le sue caratteristiche lo sapeva bene anche Tommaso, che attorno a questo appuntamento aveva concentrato tutte le attenzioni della stagione. Lui, ormai maestro nel leggere e gestire la gara, è partito cauto, per venire fuori, alla grande, negli ultimi due tratti di salita impegnativa, quelli su cui sono tramontati i sogni dei favoriti keniani e dello statunitense Andy Wacker, l’ultimo a cedere alla rimonta di Tommy. Una dimensione nuova, quella raggiunta in montagna da Vaccina nelle ultime due stagioni. Scalatore purissimo che “odia” le discese – se mai il sentimento possa albergare tra le sue corde… -, dalla Zermatt Marathon e da questo titolo iridato – il primo dell’Italia nelle dodici edizioni dei World Long Distance Mountain Running Championships – per Tommaso potrebbe ora essere giunto il momento di andare alla caccia delle grandi classiche internazionali sulla distanza. Una su tutti, forse: la Jungfrau Marathon che si corre a settembre. Intanto, però, è tempo di chiudere gli occhi, fare un respiro profondo e di accorgersi che quel sogno neppure forse troppo cullato è diventato realtà. A Zermatt, all’ombra del Cervino. Vaccina, il suo oro e poi due bronzi, che raccontano storie diametralmente opposte. Quella di un esordiente in azzurro, catapultato sul podio con il volto da bambino e gli occhi sbarrati, e quella di una mamma, medico di professione, che questa medaglia inseguiva per suggellare carriera che le sue pagine più belle va scrivendo passanti gli…anta. L’età non si dice, ma non è certo un problema parlarne per Catherine Bertone, valdostana tenace, maratoneta di rango, arrivata a Zermatt con qualche problema alla bandeletta ileo tibiale, ma capace di stringere i denti come forse non mai, perché quel bronzo, alle spalle di Strahl e Camboulive, lei lo voleva per davvero. Leggerezza e incoscienza nel cuore, ma sagacia tattica già non comuni: è rimonta che si colora incredibilmente di bronzo anche la corsa di Francesco Puppi, ventitré anni appena. Era il più giovane tra gli iscritti a questo Mondiale, diventa il più giovane sul podio iridato delle Lunghe Distanze applicate alla montagna. Parole poche, se non di gioia e stupore: chapeau! Zermatt ancora, perché su un oro e su un argento a squadre vanno messi circoletti rossi che le loro radici poggiano forte anche sull’adattamento in quota svolto nei dieci giorni precedenti ai 2000 metri del Colle del Sestriere. Per conquistare quell’oro, mentre il Kenya si scioglie nei chilometri finali, ci vogliono anche la grinta di Massimo Mei, splendido quinto dopo gara da protagonista, l’esperienza di Gerd Frick, ottavo, e la caparbietà di altro esordiente in azzurro, Alessandro Rambaldini, dodicesimo. Argento al femminile, alle spalle di una Svizzera trascinata da una Martina Strahl davvero incontenibile: il suo crono finale – 3h21’38”, ampiamente nuovo record della gara – le sarebbe addirittura valso il diciottesimo posto assoluto. Insieme al bronzo della Bertone, arriva il settimo posto di Ivana Iozzia, pure lei a lungo nei pressi del podio. Poi il decimo di una delle migliori Francesca Iachmet di sempre e il tredicesimo di Gloria Giudici, alla sua prima maglia azzurra. Tra esperienza e novità, anche tra le donne, con l’assenso del severo Cervino, l’Italia c’è. Foto: Nancy Hobbs / USMRT
Home page » Zermatt, sette giorni dopo: volti azzurri lassù in cima
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