24 settembre 2014 – Maglie rosse, scritta e rifiniture gialle. Pelle nera, ricamata dal fango raccolto qua e là salendo verso il podio iridato. Sul bianco del marmo, lassù nel “Bacino di Gioia”, porta i colori e i tratti dell’Uganda l’epigrafe che da una decina di giorni va per la maggiore. Se anche Casette di Massa va in archivio con un medagliere, lassù in cima c’è di certo l’ex colonia britannica che abbraccia il lago Vittoria e strizza l’occhio a Kenya e Tanzania. Quattro ori – tre individuali e uno a squadre -, un argento e un bronzo, e la replica della tripletta già realizzata nel 2013 in Polonia nella gara maschile. Dietro l’Uganda, in ipotetico podio che premia le medaglie conquistate, c’è l’Italia, c’è la Turchia: entrambe completano la caccia ai tre differenti metalli, facendo meglio pure di Kenya ed Eritrea, ma è comunque lontana anche per noi, anche per loro, quel pezzo d’Africa pure incastonato tra Sudan, Ruanda e Congo.
In principio furono Geoffrey Kusuro e Martin Toroitich. Correva l’anno 2007 e il primo conquistava l’oro tra gli juniores ad Ovronnaz, ultimo feudo iridato del nostro Marco De Gasperi. Correva l’anno 2008 e il secondo s’inchinava soltanto all’ultimo assolo mondiale di Jonathan Wyatt, là tra la nebbia di Crans Montana. Lì in mezzo anche le vicende sfortunate di Moses Aliwa e Wilson Businei, altri cavalli di razza che in quegli anni i manager – italiani, per lo più… – mandavano un poco allo sbaraglio a cercare gloria anche in montagna, dopo averla trovata su strada e in pista. Approdato tra i seniores, Geoffry Kusuro avrebbe poi completato tutto lo scipite tra quanto trasformabile in medaglie nella corsa in montagna: oro a Campodolcino 2009, bronzo a Kamnik nel 2010, argento a Krynica Zdroj nel 2013. Ma avrebbe soprattutto visto crescere attorno a sé un movimento e un’organizzazione votata a vincere il massimo possibile anche nel mondo del “montain running”, al quale offrire i propri migliori esponenti del cross, della strada e della pista. A Kamnik 2010, il poi oro olimpico e mondiale di maratona Stephen Kiprotich non arrivò per caso, così come non per caso gli juniores Phillip Kipyeko e Stella Chesang hanno questa volta prima corso la rassegna iridata su pista a Eugene, in Oregon, e poi questi ultimi Mondiali, tra mare, montagna e marmo. Vincendoli peraltro. Phillip e Stella, così come l’iridato tra i seniores Isaak Kiprop e buona parte dell’Uganda che in Toscana ha fatto faville, ha rifinito la preparazione per Casette di Massa con uno stage in altura di tre settimane a Bukwo, nell’Est dell’Uganda, ai piedi del Monte Elgon, per metà diviso tra Kenya e Uganda. Qui un italiano, Giuseppe Giambrone, gestisce un camp in accordo con la federazione ugandese, all’interno della quale si respira forte aria italiana: il suo Segretario Generale, Beatrice Ayikoru, ha sposato un italiano, Flavio Pasqualato, presente come tecnico a Casette, insieme a Beatrice e Giuseppe. Isaak Kiprop, l’uomo che sul sentiero del Bizzarro ha rotto gli indugi involandosi verso il successo mondiale, fa parte del progetto Tuscany Training Camp, che Giambrone gestisce tra Siena e Bukwo. Un progetto che presto potrebbe aprire le sue porte anche ai due nuovi campioni mondiali juniores. Al netto di quanto – tanto per davvero, a voler essere sinceri… – fa con continuità madre natura in terra dalle potenzialità enormi e in parte ancora inespresse, di certo è un dato di fatto che la Federazione atletica dell’Uganda stia percorrendo con convinzione la strada della corsa in montagna, facendosi oggi in questo preferire anche all’Eritrea, la prima Nazione africana ad aver inseguito allori su salite e discese. Se c’è però limite e rischio nella gestione di questi talenti e di questi successi, è quello di portare alla ribalta volti e storie sulle quali poi poco ci si soffermi, specie perché frutto di politica gestionale che li vuole quasi come tra loro interscambiabili e che poi fatica a fidelizzare al mondo della corsa in montagna i suoi talenti più adatti alla disciplina. Perché anche tra questi campioni della corsa, proprio come da noi, c’è chi meglio si adatta alle difficoltà tecniche di salite e discese e spesso non si tratta dei più veloci su strada, pista e cross. Isaak Kiprop ne è esempio chiaro: il nuovo campione mondiale della corsa in montagna non era la punta della squadra ugandese, stando ai primati personali o anche solo ai risultati dei loro Campionati nazionali, sorta di trials di qualificazione disputati prima dei Mondiali, su percorsi però decisamente più veloci di quelli iridati. Là Kiprop era arrivato quinto, nella gara vinta da Daniel Rotich su Kibet Soyekwo e Nathan Ayeko: se quel giorno avesse corso soltanto qualche secondo più piano, a Casette di Massa non ci sarebbe neppure arrivato… Isaak ha 28 anni, come i nostri gemelli Dematteis. E’ nato a Kapchorwa, la capitale dell’Uganda, è sposato e ha due figli. Le biografie ufficiali di lui recitano primati personali di 1h03’20” sulla mezza maratona e di 28’27”sui 10000 metri: niente di che per gli standard africani, ma pur sempre entrambi corsi in altura in Uganda. Più significativo il fatto che sul percorso iridato, cronometro alla mano, sia l’unico ad aver guadagnato spazio su Bernard Dematteis anche nel tratto più tecnico della salita, non perdendo peraltro terreno nella pur breve precedente parte di discesa. Ora, a detta di chi lo gestisce, è anche alla ricerca di club italiano che lo tesseri e che magari gli offra la possibilità di cimentarsi con continuità anche in montagna. Di anni Phillip Kipyeko ne ha invece ufficialmente soltanto diciannove, ma pure lui è sposato, con due figli che vivono a Bukwo, sua città natale. E’ il nuovo campione mondiale tra gli juniores ed è il miglior ugandese sui 5000 metri: con un 13’16” che farebbe gola ai migliori mezzofondisti europei seniores, in luglio era stato sesto a Eugene nella rassegna iridata under 20 su pista. Tra gli juniores aveva già corso anche i Mondiali di cross 2011 e poi la rassegna iridata su pista del 2012: un “veterano” insomma quanto a frequentazioni internazionali giovanili…Il suo futuro pare indirizzato lontano dai sentieri della montagna, sulle tracce di Boniface Kiprop, il volto più noto del mezzofondo ugandese nel panorama mondiale. Sogni olimpici e mondiali su pista? Probabilmente sono quelli che attraversano anche i pensieri della diciassettenne Stella Chesang, che a Eugene si era fermata ai piedi del podio ancora nei 5000 metri, da lei già corsi in 15’53”. La sua sagoma nera a scappar via tra il bianco del Bacino di Gioia, il suo sorriso finalmente ad aprirsi sul podio di Piazza Aranci: è l’immagine di un’Uganda che continuità e gentilezza vuole dare ai suoi successi nella corsa in montagna mondiale.Home page » Uganda: dietro le quinte di un dominio iridato
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