8 settembre 2014 – Anche se nella Hall of Fame non c’è, posso affermare che io la conoscevo bene. Non immaginatevi chissà cosa, niente di tutto ciò, l’ho conosciuta da atleta, l’ho intervistata ufficialmente, ho fatto qualche trasferta in Italia e all’estero con lei e l’ho vista vincere il titolo del mondo di corsa in montagna. Sono trascorsi 10 anni da quando la ragazza di Lecco ha indossato l’iride, per vederla tagliare il traguardo mi sono dovuto sobbarcare pure una seggiovia, per uno che soffre di vertigini, vi posso assicurare che per il sottoscritto è stata una piccola impresa. Nel sito della Fidal il nome di Rosita Rota Gelpi non compare più. Allora raccogliendo su internet qualche notizia ricordo che la ragazza, adesso mamma, della Forestale è sta ben 3 volte campionessa del mondo di corsa in montagna nel 1992 da juniores, nel 1999 e nel 2004. A Sauze d’Oulx, in Alta Valle di Susa, era settembre, come 10 anni fa e vederla arrampicarsi aiutandosi con le mani che si appoggiavano sulle ginocchia è stato uno spettacolo incredibile. Rosita era ragazza assai curata nell’aspetto, con due occhi che facevano innamorare, unendo a tutto ciò una simpatia e un modo di approcciare il prossimo che difficilmente si trova un molte persone. Per capirci meglio: nonostante le sua avvenenza, era specialista di una disciplina che non lascia spazio alla grazia e alla bellezza e in più come si dice in gergo non se la tirava. Spero di essermi spiegato bene. Rosita durante l’inverno amava correre nel fango, l’ho incontrata le prime volte in gare di corse campestri, ho avuto l’opportunità di seguirla in qualche mondiale di cross e in qualche gara italiana. Non vinceva come nelle corse in montagna, ma diceva la sua in campo nazionale e anche in un contesto internazionale e quando arrivava sporca di fango, sfoderava il suo sorriso e la sua simpatia. Certo non aveva un carattere docilissimo, al monento opportuno sapeva tirare fuori gli artigli, ma i campioni debbono essere così. Lei eccelleva nella corsa in montagna, disciplina dove gli italiani sono i “keniani” della specialità. Rosita è stata una delle prime ragazze a coniugare il verbo della fatica con quello dello spirito di abnegazione, elementi necessari per primeggiare. Al termine della sua lunga carriera tentò senza grandi successi l’esperimento in maratona, ma non arrivo agli stessi risultati realizzati sulle montagne. Aveva dato tutto prima. Un aneddoto di Rosita ve lo posso raccontare: un giorno, trovandosi a Milano, venne in redazione a trovarmi, una mia collega (donna) le chiese per qualche motivo avesse scelto la disciplina dell’atletica e della corsa in montagna e avesse sempre voglia di soffrire. La ragazza della Forestale prontamente rispose: “mi diverto!” Walter Brambilla
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