Neve sotto i piedi e qualche straccio caldo sul cuore
La neve e gli stracci: sono visivamente – e non solo metaforicamente – la sofferenza e la consolazione dei disgraziati spediti sul Don 7o anni fa. Che un giorno di circa metà gennaio del 1943 si videro impartire l’ordine di lasciare in gran fretta le trincee scavate sulla destra del grande fiume per lo stolto disegno del duce di potersi sedere, di lì a pochi mesi, al tavolo della spartizione continentale con il mostro nazista, “mettendovi sopra solo(!) qualche migliaio di morti.”
A Tedeschi già in gran parte scappati verso le retrovie, le nostre Julia, Cuneense e Tridentina si sacrificarono nella retroguardia anche per consentire agli scaltri teutonici di ritirarsi più ordinatamente e, almeno percentualmente, con ben minori perdite.
Alla neve e alla bufera, che sommate al grande freddo seviziarono e decimarono i nostri fino alla tragica, risolutiva giornata di Nikolajewka e ancora dopo, fece da contraltare il tepore delle isbe e il buon cuore delle donne ukraine, che rifocillarono i soldati italiani e che diedero loro, a volte, anche più di quanto chiedevano.
Nella corsa a piedi nudi sulla neve in loc. Plà di Aprica, proposta per la quarta edizione da Maurizio Cavagna nell’intento di far ricordare con una (lievemente) traumatica esperienza sensoriale l’epopea della Ritirata, i cenci colorati distesi sulla neve lungo il percorso di un chilometro e mezzo erano proprio l’allegoria del dono che quel popolo fece ai nostri poveri, illusi e incolpevoli conquistatori in ripiegamento dell’impossibile impero.
Tutto molto icastico e commovente, pur nello spirito di un evento con risvolti curiosi e divertenti. Peccato solo – o forse è giusto così – per l’intimità, seppur solenne, del tutto.
Antonio Stefanini
Uff. Stampa Comune di Aprica