Si è spento la notte scorsa Marco Borsari, anima della Valchiese, tecnico di giovani emergenti come Cesare Maestri e i fratelli Crippa Talmente schivo e discreto, da correre quasi il rischio di passare per scontroso. Un rischio, un dubbio, che due parole, non di più, bastavano però presto per fugare. Di parole non molte ne spendeva, per lui, per Marco Borsari, il dire era l’impegno costante con i suoi ragazzi, sul campo, sui sentieri. Toni gentili, pacati, sguardo al contempo fiero. E due occhi attenti come pochi. Due occhi forse per questo capaci di scovare e lanciare alcuni dei più bei talenti cui la nostra corsa in montagna oggi guarda con grande attesa e con non meno speranza. Due occhi capaci di nascondere il male con cui da tempo lottava, due occhi capaci, però, di emozionarsi forte alle piccole, grandi imprese che i suoi fratelli Crippa, il suo Federico Vaglia o il suo Cesare Maestri, insieme a lui, andavano costruendo. Se la Società Atletica Valchiese qualcosa – tanto! – ha detto negli ultimi anni nella corsa in montagna giovanile, a Marco Borsari lo si doveva. E la corsa in montagna italiana, oggi, nello stringersi commossa attorno alla sua famiglia e ai suoi atleti, gli dice allora grazie. Prova a dirlo con i suoi stessi toni discreti e semplici, ma in qualche modo pure promettendogli che proverà ad assumersi il compito di non disperdere la sua eredità, il suo lavoro. Non sarà però impresa facile, perché è spesso il muoversi senza far rumore a diventare insostituibile. Come non lo sappiamo, ma in fondo ne siamo certi: tra qualche giorno, su quel podio tricolore di Zelbio, lassù in cima, a fianco del suo Cesare, ci sarà anche lui. Ci sarà anche il sorriso di chi si è spento appena prima di poter festeggiare altro talento da lui avvolto nel tricolore. I funerali di Marco Borsari si terranno martedì 9 agosto nella Chiesa Parrocchiale di Tione di Trento alle ore 18.00. Al nostro saluto, aggiungiamo quello di Maurizio Lorenzini, che una bella amicizia legava al tecnico trentino. “Sono stato a Tione di Trento per alcuni motivi, uno di questi era chiacchierare di corsa in montagna col mio amico Marco Borsari, profondo conoscitore di questo ambiente. Dico chiacchierare anche se in realtà avrei voluto proporgli un’intervista, ma non l’avrebbe mai accettata, lui così modesto e schivo, forse anche per questo non risulterà molto conosciuto, anche se basterebbe dire che era l’allenatore di Cesare Maestri, campione italiano 2011 junior di corsa in montagna. Se ho cominciato a correre in montagna un pezzetto di merito è anche suo, venivo spesso in vacanza in Val Rendena, lo vedevo alle gare locali ( intendo dire alla partenza e all’arrivo, non certo nel mezzo), viveva bene la fatica delle corse in salita e te la raccontava con vera semplicità, pochi discorsi e suggerimenti su frequenza e ampiezza del passo, quando e come usare le braccia. Ad ascoltarlo con attenzione faceva sembrare tutto così facile, a vederlo correre ancora di più. Marco ci ha lasciato il 7 Agosto, una brutta malattia lo ha lentamente ma inesorabilmente divorato. Da autentico atleta quale era ha combattuto sino all’ultimo, sino in cima alla sua ultima salita, forse non ha mai accettato un verdetto che pareva drammaticamente inappellabile. Eppure nel corso di questo travagliato periodo ha trovato il modo di mettere a frutto le sue conoscenze ed esperienze allenando i giovani della Valchiese, il suo gruppo sportivo; forse proprio alla mancanza della (sua) corsa ha voluto sopperire profondendo tutte le sue energie nel far crescere questi giovani. Oltre al già citato Cesare Maestri mi raccontava di Paolo Baroldi, Luca Pederzoli, Andrea Titta e altri di cui adesso non ricordo i nomi; di tutti era orgoglioso, di tutti mi spiegava le caratteristiche, le prerogative, le aree di miglioramento, i programmi. Di questo mi parlava ancora due giorni prima di lasciarci, nonostante la malattia gli provocasse molta sofferenza. Il mondo della corsa in montagna ha perso un protagonista anche se mai ha voluto ostentare di esserlo, la sua famiglia infinitamente di più. Prima di questi giorni lo avevo visto a Domodossola, alla prima prova del campionato di corsa in montagna, mascherava i suoi problemi con la soddisfazione per il successo di Cesare Maestri, forse la miglior terapia per il suo male, anche se non bastava a sconfiggerlo. Adesso Cesare è campione italiano, chissà quanto avrebbe voluto vederlo indossare quella maglia. Un abbraccio forte al figlio Nicola e alla moglie Franca, che trovino il coraggio e la forza per superare questa tragedia”.
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