Luccicano forte i tre argenti azzurri agli Europei di Telfes. Non meno degli altrettanti ori conquistati dall’Italia nelle quattro classifiche per Nazioni. Tre argenti uguali per peso, ma diversi per le storie che si portano dietro, fatte di rivincite, conferme e speranze. Valentina Belotti: l’argento di chi rinasce dopo aver anche più volte pensato di chiudere con l’atletica. Marco De Gasperi: l’argento di chi fuga con la classe le incognite della vigilia e qualche buco nella preparazione. Xavier Chevrier: l’argento di un grande talento, ulteriore futuro prossimo dell’atletica italiana che corre in montagna.
E’ un Europeo che ci pare di poter leggere proprio in ottica futura quello austriaco, ponendo soprattutto l’accento sull’anagrafe del gruppo che, pur soffrendo, conquista l’ennesimo alloro tra i seniores maschili: mai età media più bassa per un oro azzurro, grazie all’inserimento di due ventitreenni ed un non ancora ventenne a fianco dell’uomo più titolato e rappresentativo di cui la corsa in montagna italiana abbia mai disposto.
E’ un Europeo che va però anche letto con la chiave di una grande ammirazione da rivolgere verso il piccolo turco che – impresa storica – sigla straordinario tris consecuitivo di vittorie nella massima rassegna continentale. Ahmet Arslan, il segno più tangibile di una Turchia che anche e soprattutto con successi e trionfi in campo juniores, fortemente aspira a sostituirsi all’Italia nel ruolo di primadonna non solo in campo europeo. Nuove ed ulteriori sfide, dunque, per gli azzurri della montagna, che al loro responsabile tecnico Raimondo Balicco e a tutta l’atletica italiana regalano l’ennesima messe di medaglie, provenienti magari da scuole tecniche differenti, ma unite nel portare, sempre e comunque, il loro apporto alla causa.
E’ un Europeo, che nel rileggere, vogliamo però prima di tutto dedicare a chi, piegato da postumi influenzali e peso delle responsabilità, in Austria non è riuscito ad esprimere il proprio potenziale. Inutile negare che Bernard Dematteis fosse l’azzurro più atteso e che la sua ventesima piazza sia lontanissima dal dare il segno del valore dello straordinario gemellino cuneese. Ma davvero ci piace sottolineare l’esempio da lui invece dato nell’accettare, da grande e vero campione, la sconfitta: basterà risentire le sue parole nelle interviste post gara, a caldo, per capire a quanto ci riferiamo. Ora, la corsa in montagna tutta lo riattende protagonista per i Mondiali, mettendo se possibile a sua disposizione tutti gli accorgimenti necessari per permettergli un avvicinamento quanto più sereno all’appuntamento iridato.
Gare juniores – L’accento sulla tripletta turca al femminile, a sostituire quella che lo scorso anno fu maschile. Segno più netto di enorme investimento in fieri, l’appendice asiatica dell’Europa che corre in montagna difficilmente avrebbe potuto dare. Per l’Italia la classica doppia faccia della medaglia, con un lato dorato per i maschietti e l’altro eufemisticamente non esaltante per le femminucce, laddove la tensione gioca brutto scherzo davvero ad una Mabel Tirinzoni, lontana parente di quella vista a Tarvisio. Brava davvero invece Erika Forni, che chiude a ridosso delle prime dieci, ma l’ottava piazza azzurra non può che essere un campanelllo d’allarme per categoria che da tempo ormai soffre il confronto internazionale. Anche se i segni recentemente dati dalle allieve ad Osteim sembrano poter a breve apportare linfa nuova.
Il talento è indubbiamente grande. Grande è indubbiamente anche la sua capacità di esaltarsi nei momenti più importanti: così è stato anche questa volta e Xavier Chevrier, sul finale e con rimonta impressionante, quasi rischia di rovinare la festa che il turco Alici aveva allestito durante la sua lunga fuga solitaria. Il piglio scanzonato sicuramente aiuta il valdostano nell’approcciarsi agli appuntamenti importanti: un argento europeo, il suo, che è patrimonio importantissimo per la disciplina. Insieme a Xavier, conferma la propria cresciita anche Luca Cagnati, l’agordino che chiude ottavo, seguito a ruota dal bravissimo Kelemu Crippa, decimo. E con la sedicesima piazza di Marco Leoni, l’Italia torna a vestirsi d’oro in Europa dopo alcune stagioni passate a guardare dal basso Turchia e Germania, questa volta precedute anche dalla Norvegia.
Seniores donne – D’oro tornano a vestirsi anche le seniores azzurre, grazie certo all’argento della Belotti, ma anche alla quarta piazza di Renate Rungger e alla decima di una Maria Grazia Roberti, che questa volta si supera nel portare il suo apporto alla causa, abituale sì, ma non così scontato dopo primavera difficile. Cristina Scolari, invece, un po’ di più fatica e chiude venticinquesima. Il senso della medaglia di Valentina già lo si è accennato in apertura: non superfluo pare ricordare le stagioni perse in toto o quasi dalla bresciana, vittima di infortuni e incertezze nel recente passato. Le stagioni che passano tra quello splendido ventitresimo posto in un cross corto iridato e questo argento che protagonista la riconsegna anche alla specialità che per prima l’aveva lanciata, nel ’99 in Malesia, con un quarto posto iridato tra le juniores. Al traguardo non era felice Renate Rungger: la medaglia di legno sta stretta all’altoatesina, rimasta a lottare per il bronzo con la rientrante austriaca Andrea Mayr, mentre là davanti, passo dopo passo, la ventiduenna elvetica Martina Strahl consumava la sua rimonta sulla coraggiosisima Belotti. Per la Strahl il ritorno su di un grande podio internazionale dopo quell’argento giovanissimo che nel 2006, nella Coppa del Mondo di Bursa, in Turchia, fece sensazione.
Seniores maschili – Di Berny e dell’anagrafe azzurra già si è detto. Restano da analizzare le vicende singole, che partir non possono che dall’argento di Marco De Gasperi. Dalla prima edizione sotto l’ala della EA, da Madeira 2002, in una sola occasione, su sette partecipazioni, il valtellinese della Forestale è sceso dal podio, nel 2003 quando a Trento fu quarto. Questo ci pare il segno più evidente da collegare alla nuova impresa di un atleta che, induscusso re dei tracciati "up and down", più nulla ormai deve dimostrare anche su quelli di sola salita. Di aggettivi se ne sprecherebbero, e allora, anche per non risultare di parte, solo li evochiamo: in tempi di crisi, anche nell’aggettivare, ci pieghiamo dunque alla logica del risparmio, lasciando spazio alla fantasia di ciascuno.
Pochi aggettivi, ma declinati al superlativo, pure usiamo per Martin Dematteis e per Riccardo Sterni: bravissimi. I loro piazzamenti, sesto e nono, potevano anche essere nei pronostici della vigilia. Ma davvero non era scontato riuscire a rimanere là davanti, a lottare con i migliori, rimanendo concentrati a dispetto di fatica grandissima, su un tracciato tra i più difficili dell’intero circuito internazionale: un vero e proprio "master" di specializzazione universitaria servito sul piatto di due esordienti in ambito assoluto. Esame superato alla grande, che ora merita tutti gli investimenti possibili da parte della Federazione. Lo diciamo con il cuore, lontani da ogni volontà polemica.
Paolo Germanetto