Partendo dalla recente intervista a Filippo Fazzini apparsa su questo sito, proviamo a fare il punto della situazione

Il tema è scottante: il rapporto tra il pianeta "corsa in montagna" e quello dello "skyrunning", due aspetti  diversi – e diversamente regolamentati – di una stessa realtà che ha nella corsa sui sentieri  lo stesso scenario di riferimento. Due pianeti a cui, da qualche tempo anche in Italia, si va ad affiancare il mondo che fa riferimento ai "trail" e alle lunghissime distanze applicate alla montagna.

Scenario complesso, a volte confuso, costituito da realtà che solo raramente – e probabilmente sinora senza la massima convinzione – hanno cercato di trovare un punto di accordo. Delle peculiarità reciproche di corsa in montagna e skyrunning si è più volte dibattuto: anche all’interno dei curatori di questo sito esistono in proposito sensibilità  diverse, tendenti di volta in volta a sottolineare pregi e difetti di ciascuna disciplina. La linea di corsainmontagna.it, aperta ad entrambi i mondi, testimonia comunque, almeno negli intenti, la volontà di dare spazio ad entrambi i settori.

Fissato lo scenario, proviamo allora a fare un po’ di chiarezza e ad analizzare la situazione, consapevoli di non essere portatori di verità, ma di opinioni, per quanto convinte.

Riconoscimento CONI –  essendo parte integrante della FIDAL, la corsa in montagna è riconosciuta, mentre lo skyrunning non lo è. Pur avendo a lungo cercato via autonoma, la FISKY (che dal luglio 2008 ha sostituito la FSA Italia, così come la ISF ha sostituito la FSA) a conti fatti non ha però sinora raggiunto che un riconoscimento da parte dello CSEN, ente di promozione sportiva con forte valenza educativa. Una insomma fa parte di una federazione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, l’altra rimane sostanzialmente federazione "privatistica".  Sottolineamo questo dato di fatto, non per presa di posizione verso l’uno o l’altro settore, ma perchè ci pare punto di partenza imprescindibile per poter poi fare altri ragionamenti.

Personalmente, abbiamo sempre letto come una piccola stortura – mediaticamente efficacissima – l’affiancamento di termini quali "iridato" o "tricolore" alla realtà dello skyrunning, semplicemente per una questione di regolamentazione sportiva. Se l’essere o meno disciplina riconosciuta dal CONI o dal CIO non rappresenta discriminante almeno in ordine terminologico, allora davvero il sottoscritto potrebbe domani fondare una sua federazione e dopodomani assegnare titoli iridati, continentali e tricolori della sua nuova disciplina…La nostra è certo una provocazione, tesa tra il constatare realtà sportiva oggettiva e il cogliere la grande (e almeno in passato superiore) capacità di diffusione mediatica del proprio prodotto che il mondo skyrunning ha sempre avuto. Se non si fuga l’errore terminologico alla base, tanto più aumenta la capacità di promuovere il proprio mondo, tanto più aumenta, almeno in questi termini, la confusione. E se la si vuole leggere attentamente, non è questa questione di lana caprina…

La via a suo tempo scelta dalla corsa in montagna, quella di chiedere ed ottenere l’ingresso nella FIDAL, ha comportato un lungo cammino di regolamentazione, fatto di mediazione e aggiustamenti continui, di mal di pancia e di soddisfazioni. Proprio questo processo, parallelamente vissuto  in campo internazionale prima dall’ICMR, poi dalla WMRA, ha sdoganato la disciplina. Processo lungo e ancora in corso, ma che per quanto forse troppo lento, ha da tempo scelto le sue direttrici. Proprio nei prossimi mesi, alla vigilia dei Mondiali di Campodolcino e all’indomani della prematura scomparsa del suo presidente, Danny Hughes, la federazione internazionale si troverà a dover compiere scelte importanti: eleggere un nuovo presidente oppure dare accelerazione decisa verso la tanto attesa creazione di una apposita commissione corsa in montagna in seno alla IAAF? Di questo secondo parere, ad esempio, è uno dei membri italiani in seno alla WMRA, Raimondo Balicco, che in una lunga intervista a firma Giovanni Viel sul numero de "La Corsa" proprio in questi giorni in edicola, chiede alla WMRA di fare il passo forse più coraggioso della sua storia. Parere che ci pare di poter condividere sino in fondo.

Sin dalla sua costituzione, la FSA ha invece provato a regolamentare la corsa in alta quota, lasciando poi il compito nelle mani della ISF. Regolamentazione più leggera rispetto a quella datasi dalla FIDAL-settore corsa in montagna, specie in tema di omologazione dei percorsi, con maggiore libertà per gli organizzatori quanto a distanze, pendenze, altitudini, tracciature e quant’altro. Grande attenzione, invece, alla costruzione dell’evento e del personaggio e alla loro diffusione e promozione. A conti fatti proprio questo tipo di regolamentazione, insieme al riferimento all’alta quota già "in nuce" contenuto nella propria definizione, hanno finito per penalizzare in termini di riconoscimento sportivo il mondo dello skyrunning.  Sembra paradossale, ma proprio il fascino della disciplina ha rappresentato e rappresenta un limite al suo sdoganamento completo…Sempre che questo rimanga l’obbiettivo primario di chi regge le redini dello "skyrunning".

Scenari futuri – Il fascino da una parte, l’ingresso completo nel salotto buono dell’atletica internazionale dall’altra: impossibile trovare un compromesso tra i due mondi? Lo abbiamo sottolineato in apertura: non c’è stata sinora una volontà forte di trovare ad ogni costo una soluzione, per quanto complesso sia l’argomento. Ciascuno dei due settori sottolinea le chiusure da parte dell’altro, i veti incrociati o gli interessi personali. Gli ultimi incontri ufficiali sono ormai piuttosto datati, mentre più recenti sono le modifiche regolamentari della FIDAL che, di fatto, tendono la mano agli organizzatori di Sky Race: già oggi molte manifestazioni potrebbero essere omologate dalla FIDAL, grazie alla creazione della "maratona di montagna" o all’inclusione tra le proprie specialità del chilometro verticale, purchè con omologazione certificata e senza l’ausilio di bastoncini (non parliamo di Vertical Race, che è marchio registrato…).

Se ad uno scopo possono servire queste righe, è quello di rimettere sul piatto la discussione, favorire il dibattito e, con il rispetto dei ruoli di ciascuno, sollecitare un nuovo incontro, peraltro in agenda da tempo, tra le "alte sfere dirigenziali" di ciascun settore. Incontro in cui, termini più volte citati quali regolamentazione, omologazione e sicurezza non potranno non avere ruolo centrale. 

Alternativi all’accordo, rimangono il permanere dell’attuale stato di "sopportazione reciproca", oppure soluzioni più drastiche, ma forse non auspicabili per le conseguenze traumatiche che genererebbero, di una presa di posizione forte da parte della FIDAL verso i propri tesserati. Nessuno nega, in ogni caso, che la matassa sia ingarbugliata…

Ad ingarbugliarla un avolta in più si aggiunge il recente successo, anche in Italia, delle cosiddette "ultra in montagna", che almeno in alcuni casi fanno capo ad un terzo settore, quello gestito dalla IUTA (Italian Ultramarathon and Trial Association) o dalla IAU in ambito internazionale. Avendo il settore delle Ultra (100 Km e dintorni, per intenderci) perseguito la stessa strada della corsa in montagna verso la FIDAL e la IAAF, a noi pare che questa sia situazione più facilmente sanabile, ma non per questo da affrontare con minore urgenza. Può, in buona sostanza, la IUTA dare il suo imprimatur a manifestazioni di corsa in montagna che superino i 42 Km.? Allo stato attuale delle cose noi diremmo di no e riterremmo anzi pericoloso il farlo senza aver prima investigato a fondo il problema: una 50 Km su strada e una 50 km in montagna ci paiono cose decisamente diverse, specie per i fondamentali risvolti legati alla sicurezza degli atleti in gara…

Ma forse, proprio dal coinvolgimento del pianeta Ultra potrebbero venire soluzioni per una possibile mediazione tra corsa in montagna e skyrunning. Certo, però, ci vuole la buona volontà da parte di tutti di tornare a sedersi attorno ad un tavolo per discuterne.

Paolo Germanetto