Il forestale valtellinese si racconta dopo l’ennesima impresa iridata
Marco De Gasperi è di nuovo su “tetto del mondo”. Vincendo il sesto titolo mondiale della sua carriera, sabato scorso sui saliscendi elvetici di Ovronnaz – Saillon, il bormino è divenuto l’atleta più titolato di sempre in questa specialità. Dopo un serrato testa a testa con i temutissimi eritrei, la sua determinazione e la sua tecnica sopraffina gli hanno permesso di entrare nella leggenda. Mica male per uno che, solo un anno fa, alcuni benpensanti davano per finito. Stilando un rapido bilancio dell’estate 2007, il campionissimo di “Via della Vittoria” ha centrato un titolo europeo FSA di Skyrunning, due secondi posti al campionato europeo e tricolore di corsa in montagna, griffando poi una stagione da incorniciare con l’oro iridato di sabato scorso. Dati alla mano, la provincia di Sondrio non potrebbe scegliere testimonial migliore per trasmettere un’immagine di “Valtellina Vincente”. Tornato a Bormio, dopo alcuni giorni di meritata vacanza, lo abbiamo incontrato per voi. Sabato le tue prime parole sono state “Basta gare…troppa fatica, troppo stress”. A distanza di una settimana sei tornato sui tuoi passi? «Sicuramente si – ha esordito con il solito sorriso malizioso –. Quello era lo sfogo al termine di una gara davvero tirata e sofferta». Partivi con i favori dei pronostici, ma quanto credevi nell’ultimo successo? «Più che altro ci speravo, ma confermasi non è mai facile. I primi titoli iridati erano giunti quasi per caso, ora invece ero l’uomo da battere in una starting list di tutto rispetto. In 10 anni il livello è aumentato parecchio, basti dire che al via vi erano i portacolori di ben 33 nazioni. Fortunatamente, però, sono riuscito ad imbroccare una delle mie migliori giornate, forse la migliore di sempre». Sempre nelle dichiarazioni a caldo, hai detto che il 2° dei 3 giri proposti è stato uno dei più duri della tua carriera. Perché? «Ero giunto per primo allo scollinamento, ma in discesa sono caduto. Nulla di grave, ma il vantaggio sugli inseguitori si era indubbiamente assottigliato. Sapendoli molto forti nella parte in salita, temevo venissero a prendermi. Quando la strada è tornata a salire, per 13’ ho stretto i denti senza mai voltarmi. Ero terrorizzato. Mi avessero passato, avrei avuto un forte contraccolpo psicologico». E invece? «Anche se di pochissimo sono tornato a scollinare davanti. Al termine della discesa il gap era aumentato: ciò voleva dire che Tesfay Johannes soffriva i cambi di pendenza. Lì, ho capito che avrei vinto la gara». Rispetto ai primi successi, ora i media sembrano dare molto più spazio alle tue imprese e alla corsa in montagna. La tua vittoria svizzera è passata su testate televisive e giornalistiche nazionali. Come vivi questa cosa? «Fa indubbiamente piacere, soprattutto perché serve a fare crescere ulteriormente il movimento. Io credo molto in questo sport: uno sport pulito ed ecocompatibile. La speranza è che in futuro la corsa in montagna sia annoverata tra gli sport olimpici, perché se lo merita. Tornando alla gara di sabato, al di là dei media, la cosa bella è stato vedere quanti amici mi hanno seguito sostenendomi con un tifo infernale ad ogni curva». Sempre in tema di informazione, da circa tre anni porti avanti un sito internet che è diventato un vero e proprio punto di riferimento per gli appassionati. Come è nato www.corsainmontagna.it? «Era un mio sogno avere un sito nel quale si potesse leggere di corsa in montagna. Fa strano che a farlo siano stati proprio gli atleti e ancora più strano era tessere le nostre lodi negli articoli. Ciò nonostante il sito continua a crescere. Ora abbiamo qualcosa come 13.000 visite al giorno. Ciò vuol dire che il movimento ha sempre più proseliti». Torniamo a te: con cinque ori iridati senior e uno junior, sei l’atleta più titolato della storia nella corsa in montagna. Cosa vuol dire essere il numero 1 al mondo? «Numero 1? Non penso proprio. So di essere uno dei più forti, ma per quanto mi riguarda il più completo di tutti è e resta Jonathan Wyatt. Se in curriculum ha meno medaglie d’oro è solo per colpa degli infortuni. Sono migliorato moltissimo, questo è vero. A nessuno è mai riuscita l’accoppiata europeo – mondiale, io l’ho bucata di 10”. In giro c’è gente molto più forte di me in salita e ce n’è di più forte in discesa. Io sono il più forte nei saliscendi». Il tuo segreto? «La tecnica. Io scendo molto veloce riuscendo nel contempo a recuperare. E pensare che da junior in discesa ero proprio negato. Con il tempo sono riuscito a migliorare notevolmente. Come dicevo prima, c’è gente più forte di me nella sola salita e nella sola discesa, ma sui saliscendi puntualmente li batto». Quest’estate hai centrato quello che era l’obiettivo stagionale, in calendario vi è però una delle classiche più belle: il Trofeo Vanoni: «Il Vanoni ha un fascino tutto suo. Quest’anno, per giunta, assegnerà il titolo tricolore a staffetta. Nel 2006 la Forestale ha perso il primato italiano e a Morbegno, anche se non sarà cosa facile, proveremo a riconquistarlo». L’appuntamento con i tifosi è quindi fissato? «Sicuramente si. Volevo arrivare ai mondiali al top della condizione e ci sono riuscito. Ora farò di tutto per tenere uno standard di rendimento alto sino al 21 di ottobre. Questa è stata una stagione davvero fortunata, ma mi manca un ultimo tassello per chiudere davvero in bellezza. Non so ancora se riuscirò ad attaccare o meno il mio record. Una cosa è certa, ci proverò». Se il Vanoni è il prossimo obiettivo, cosa c’è nel futuro di Marco De Gasperi? «Penso di avere ancora molto da dare in questa disciplina, ma non escludo un giorno di ritentare la strada maratona. I miei detrattori dicono che non sono fatto per le lunghe distanze, ma anche chi diceva che ero finito nella corsa in montagna ha dovuto ricredersi. Scherzi a parte, la massima distanza olimpica mia affascina. Per il momento continuo ad allenarmi con un ottimo amico e patner di corsa come Migidio Bourifa… in futuro si vedrà». Maurizio Torri