L’oro di De Gasperi e quello dei seniores maschili. I mutamenti al vertice nella corsa in montagna mondiale. Questo e molto altro nel nostro racconto sulla 23° Coppa del Mondo ad Ovronnaz
“Basta gare…troppa fatica, troppo stress…”. Non sono certo da prendere sul serio le prime parole di Marco De Gasperi sul traguardo di Ovronnaz. Ma forse più di ogni altra successiva dichiarazione esprimono le sensazioni che deve aver provato il forestale valtellinese lungo quell’interminabile seconda salita che anche più tardi, a mente fredda, avrebbe descritto come uno dei momenti più duri di tutta la sua carriera. Una fatica immane, che sul rettilineo finale si trasforma però nel trionfo che anche chi da presso lo segue da tempo non esita a definire come il più bello di una carriera inimitabile.
Nell’anima di De Gasperi c’è ancora tutto o quasi quel Peter Pan che a Telfes 1996, da juniores e con la bandana da “Pirata” in testa, conquistò il suo primo titolo iridato. Ma il sesto alloro mondiale è quello che cinge il capo di un campione risorto da infortuni importanti, di un campione che, in prima persona, si è preso sulle spalle anche l’impegno di pilotare “fuori dal ghetto” un movimento cui ha saputo dare moltissimo.
Tornano a colorarsi d’azzurro i podi iridati della montagna, e nel Canton Vallese l’inno di Mameli risuona, oltre che per il bormino, anche per la squadra seniores maschile, che si riappropria così dello scettro dopo che lo scorso anno, in Turchia, l’Eritrea l’aveva costretta alla prima sconfitta della sua storia.
Con otto delle trentacinque Nazioni presenti a salire sul podio, con le bandiere di Uganda e Australia ad issarsi per la prima volta sul pennone più alto, la spedizione azzurra in terra svizzera va salutata positivamente. Anche se sarebbe un errore sottovalutare i segnali meno rosei che provengono specie dalle prove dei più giovani.
GLI JUNIORES – Nessuno degli azzurrini, ne siamo convinti, deve essere condannato, e ciascuno di loro, ne siamo altrettanto certi, in gara ha saputo mettere il cuore, anche a dispetto di scarsa esperienza internazionale ed emozione del debutto. Ma sono le prove degli juniores più ancora di quelle assolute a rivelare come sia mutata la geopolitica dell’atletica che corre in montagna. Al maschile, troviamo un solo europeo, tra l’altro un turco, tra i primi otto arrivati. Provengono da Australia, Turchia, Stati Uniti e Nuova Zelanda le prime cinque della classifica femminile.
In ambito maschile, l’Eritrea domina ancora una volta la graduatoria per Nazioni, ma Moussie Semere e Ouqbit Tseggay nella convulsa volata finale devono lasciare il successo all’ugandese Geoffrey Kusuro, già protagonista vincente sulle strade italiane. Il tricolore Alex Baldacchini (16°) è il migliore di una pattuglia italiana che con Andrea Tabacchi (24°), Richard Tiraboschi (30°) e Valerio Bendotti (35°) caccia comunque giù dal podio la Germania dei quotati fratelli Stockert e centra un podio che già alla vigilia rappresentava il massimo risultato alla sua portata.
Al femminile, sono invece le sorprendenti australiane Lara Tamsett e Veronica Wallington a dettare il ritmo sin dalle prime battute, con la sola turca Hulya Bastug ad inserirsi tra di loro all’arrivo. Australia, Stati Uniti e Turchia salgono su di un podio da cui invece l’Italia rimane assai lontano. Anneke Malpaga (16°) è, tra le azzurrine, quella che meglio si disimpegna in un contesto difficile per tutte le Nazioni storiche della specialità, mentre di più faticano la campionessa italiana Clara Faustini (25°) e Giorgia Morano (38°). E il nono posto finale rispecchia purtroppo abbastanza fedelmente la salute di una categoria che, in ambito nazionale, fatica a superare quota dieci partenti nelle prove tricolori.
PICHRTOVA, FINALMENTE… – Sono i sentieri della Svizzera a regalare, dopo una caccia che pareva stregata, il primo titolo iridato alla ceca Anna Pichrtova. Una delle più grandi di sempre – che nel fisico ancora porta i segni dell’incidente stradale occorsole in Nigeria lo scorso autunno -capace di inanellare trionfi in serie nelle rassegne continentali e nelle prove del Grand Prix WMRA, ma che in Coppa del Mondo finiva poi sempre per imbattersi in avversarie che nell’occasione vivevano la giornata di grazia. Come Rosita Rota Gelpi sul pianoro di Sportinia a Sauze d’Oulx nel 2004. Un tabù infranto ad Ovronnaz, dopo un duello spettacolare e vietato ad ogni altra con l’austriaca Andrea Mayr, iridata nel 2006. Alle loro spalle è altrettanto intensa la lotta per il bronzo e ad essa partecipano, con piglio deciso, anche la colombiana Rodriguez e la slovena Grandovec, oltre alla miglior Elisa Desco di sempre. La ventiquattrenne cuneese era annunciata in grande forma e sul campo dimostra tutta la sua nuova dimensione agonistica. Sul podio sale però la statunitense Laura Haefeli e alla Desco rimane una quarta piazza che brilla però assai più del legno, specie se guardata in proiezione futura.
La lotta per la Coppa del Mondo si consuma sul filo di pochissimi punti e premia alla fine la compattezza degli Stati Uniti che per un podio fotocopia di quello del 2006 precedono Repubblica Ceca ed Italia. Maria Grazia Roberti (11°) e Monica Morstofolini (14°) rimangono sempre nel vivo della gara e, da buone bresciane, lottano come leonesse, ma alle azzurre vengono a conti fatti a mancare quei punti che la sfortunata Vittoria Salvini (16°) avrebbe sicuramente saputo portare, se solo non avesse dovuto fare i conti con i postumi della bronchite che nere le avevano reso le settimane della vigilia.
RITORNO SUL TRONO – Due ori che luccicano come non mai, specie per la fatica costata agli azzurri e per lo spessore dei loro avversari. Yohannes Tesfay ed Ermias Tesfazghi non mollano la presa su De Gasperi sino all’ultima delle tre tornate del circuito vallone. E sono eterni quei minuti spesi a fare e rifare i conti appena dopo il traguardp, prima di scoprire che l’Italia torna sul trono solo in virtù del miglior piazzamento del suo quarto classificato. L’Eritrea si presenta per la prima volta anche sui tracciati di salita e discesa e sono sufficienti i primi metri di gara per comprendere quali siano le intenzioni dei “cugini” di Bekele. Nella prima salita se ne vanno in sei: con De Gasperi e tre eritrei ci sono pure Moses Aliwa e il colombiano Rolando Ortiz, ma i sogni dell’ugandese e dell’iridato in carica svaniscono sin dai primi metri della discesa. L’elastico tra De Gasperi e gli africani dura sino al giro finale, quello dell’apoteosi per il valtellinese e quello che regala argento e bronzo a Tesfay e a Tesfazghi. Ai piedi del podio sorprendono lo scozzese Joseph Symonds e l’inglese Adam Grice e per il primo dei due il podio sfuma proprio a pochi centimetri dal traguardo. Marco Gaiardo chiude sesto, come lo scorso anno a Bursa. La sua rimonta, per un attimo, sembra poterlo portare anche nei dintorni del bronzo, ma in ogni caso il bellunese dell’Orecchiella conferma ancora una volta la sua affidabilità e la sua caratura internazionale. Dal 2002, per lui, i Mondiali parlano di un bronzo, di un quarto, di un quinto e di due sesti posti. Tra i primi dieci trovano spazio anche gli elvetici Gex-Fabry ed Epiney, insieme al francese Fontaine e all’eritreo Kokob. Di un soffio non vi entrano invece Gabriele Abate (11°) e Andrea Ragazzoni (12°) che pur con tattiche di gara diametralmente opposte – la rimonta finale e l’attacco coraggioso – regalano all’Italia i punti fondamentali in una Coppa del Mondo che sorride anche alla Svizzera padrona di casa, capace di cogliere un’insperata medaglia di bronzo. Marco Rinaldi (19°) e Davide Chicco (23°) rimangono a lungo in lotta per posizioni anche migliori, ma le loro prove sono comunque importantissime nell’economia di una squadra che ha dovuto mettere in campo l’anima per avere la meglio su chi si candida a farla da padrone negli anni che verranno.
QUELL’ORO E’ PER TE, SANTINO – Anche una scorza dura come lui, da lassù, avrà pianto a dirotto…La sua “pippa” conquista l’alloro più bello di sempre e glielo dedica con il cuore in mano non appena tagliato il traguardo, asserendo commosso di averlo sentito vicino durante tutta la gara.
Santino Centi, il fisioterapista azzurro rubatoci da un brutto male nella primavera scorsa, aveva spesso saputo mettere Marco nelle condizioni di correre quando il suo telaio si era inceppato proprio a ridosso dell’appuntamento clou della stagione. Ma la dedica di De Gasperi è soprattutto per l’amico prodigo di consigli, con cui aveva condiviso, anche al di fuori dell’ambito sportivo, gioie e dolori di questi ultimi anni.
INGRID KRISTIANSEN, PENSACI TU… – L’ex primatista mondiale dei 10000 metri, la più grande di sempre dell’atletica norvegese, entra nel consiglio della WMRA. Un nome nuovo, e di grande peso e prestigio nei quartieri alti della IAAF, all’interno di una federazione mondiale della corsa in montagna che di teste ed idee nuove, anche ad Ovronnaz, ha dimostrato di avere disperato bisogno. Che credibilità può avere un movimento che vede un presidente e un paio di consiglieri armarsi di picco, paletti e nastri per cambiare in corsa il tratto finale della discesa, dopo che senza drammi già si erano disputate le prove degli juniores. Sovvertendo sul campo, con un atto di forza, le decisioni che l’unica persona autorizzata a decidere, il delegato tecnico dell’evento Raimondo Balicco, pur a fatica aveva difeso nell’animato Consiglio della vigilia. Ci siamo spesso trovati lontani dal commissario tecnico azzurro, e su certe questioni ancora lo siamo, ma questa volta non possiamo che manifestargli tutta la nostra solidarietà per la vicenda di cui è stato protagonista.
Paolo Germanetto