Non basta l’invio in extremis di qualche completino azzurro per cancellare l’affronto riservato dalla Federazione all’intero movimento della corsa in montagna…

Era dal 1997 che l’Italia non partecipava ad un incontro internazionale giovanile di corsa in montagna, dal 1993 che non lo organizzava. Ci serviamo dell’imperfetto, ma in realtà bisognerebbe continuare ad usare il presente, alla luce dell’incredibile voltafaccia che la FIDAL ha voluto riservare al 5° Memorial Marco Germanetto e a tutto il movimento che corre in montagna. Doveva essere l’occasione per consentire ad alcuni ragazzi di vestire la loro prima maglia azzurra nella specialità, ma fino all’ultimo si è rischiato di vedere i giovani atleti italiani sfidare i coetanei sloveni, austriaci e tedeschi senza nemmeno una canotta azzurra indosso…Di un incontro ufficiale regolarmente inserito a calendario, a tre giorni dalla gara, improvvisamente in FIDAL sembrava più nessuno sapesse nulla… Col risultato che nemmeno dopo mille pressioni si sia riusciti a recuperare l’ufficialità dell’incontro, dando vita ad una gara in cui le rappresentative estere correvano in via ufficiale e gli azzurrini…in via ufficiosa. Una presa in giro per quei ragazzi che nelle due prove tricolori avevano a ragione creduto di essersi guadagnati una maglia azzurra capace di valere anche negli annuari, una presa in giro per i tecnici che quelle convocazioni le avevano fatte realmente e a tempo debito…  Un atteggiamento davvero irrispettoso nei confronti della società organizzatrice, l’Atletica Susa, e, cosa probabilmente ancor più grave, del giovane atleta scomparso al cui ricordo è legata la manifestazione. E fa  sorridere che nel tentativo finale di porre una pezza comunque insufficiente, la FIDAL non sia riuscita nemmeno a reperire per quei ragazzi presi in giro qualcosa in più di un completino e  una maglietta…

La crescita della corsa in montagna non può che passare attraverso il sostegno dell’attività giovanile.  Atteggiamenti come quelli adottati dalla federazione vanno esattamente nella direzione opposta: affossano la specialità, deprimono il movimento giovanile. Davvero piacerebbe che la FIDAL chiarisse cosa pensa della corsa in montagna e soprattutto che lo facessero i quadri tecnici centrali, che, in questa come in altre occasioni, davvero sono sembrati remare contro lo sviluppo di una specialità che negli anni ha saputo sfornare con continuità talenti tornati poi utili assai anche ad altri settori dell’atletica italiana. E mietere successi in campo internazionale. Perchè non ci si può ricordare del settore solo quando il risalto mediatico si fa importante o quando si deve provare a salvare di fronte alle critiche un’annata altrove avara di soddisfazioni…